The Narrows / Michael Connelly

- Orion, 2004. – p. 392

Connelly è un apprezzato autore di thriller particolarmente prolifico (almeno un nuovo romanzo l’anno) ed è un’ex giornalista di nera del "Los Angeles Times". Dal suo romanzo "Debito di sangue" è stato tratto un film d’azione di e con Clint Eastwood. Finora in Italia sono stati tradotti 12 romanzi: già previste le traduzioni numero 13 (settembre 2005) e 14 (settembre 2006), mentre negli USA ad ottobre sarà pronto il romanzo numero 16. In molti di questi romanzi il protagonista è Harry Bosch (propriamente all’anagrafe Hieronymus Bosch, come il pittore fiammingo del XV secolo), detective della squadra omicidi di Los Angeles – divisione Hollywood. Inizialmente la casa editrice italiana Piemme non ha propriamente seguito il corretto ordine cronologico delle avventure di Bosch, con disappunto del lettore "intrappolato" anche dalle vicende "personali" del detective. Le trame sono sempre ricche di azione, sorprese e ritmo (oltre a sottotrame legate allo stesso Bosch): insomma tutto quello che si vuole trovare in un buon thriller. Connelly gioca con i propri personaggi, facendoli collaborare in un’indagine. Per esempio il protagonista di "Debito di sangue" McCaleb sarà poi protagonista con Bosch in "Il buio oltre la notte" (è stato scritto: come se Agatha Christie avesse fatto incontrare Hercule Poirot e Miss Marple).

La "mia relazione" con Connelly nasce in modo molto banale: da sempre amante del giallo tradizionale all’inglese (ad enigma), nell’estate 2001 ho voluto farmi solleticare da un altro filone commercialmente di successo, il thriller appunto. La scelta è caduta su un tascabile ultraeconomico, "Il poeta", attirato dai richiami della quarta di copertina: "... là fuori, in agguato, c’è un killer astuto e feroce, un perverso assassino, un meticoloso discepolo del male. E il suo biglietto da visita è un verso di Edgar Allan Poe". Insomma ho pensato che se uno scrittore tira in ballo Poe od è sfacciatamente presuntuoso oppure sa il fatto suo. Confesso che provenendo da delitti serviti in sala da thé, in esotici treni, in navi galleggianti sul Nilo, presso ville di campagne... l’incontro con la contemporaneità della metropoli americana, la violenza ed il sadismo di un serial killer, i modi duri della polizia mi hanno lasciato inizialmente perplesso: li consideravo pretesti per stuzzicare la morbosità latente del lettore. Grazie a (o per colpa di) Connelly mi sono ricreduto. Riconosco che il racconto bisognoso di tinte forti potrebbe allestire situazioni di violenza per coprire lacune o limiti narrativi - letterari: ma non mi sembra il caso di Connelly, sempre attento a far esprimere ai suoi protagonisti aspetti intensi della vita umana. Pertanto nel tempo ho sempre acquistato i tascabili di questo autore (in modo da avere lo stesso formato per ogni opera), fino a che impaziente ho anticipato le uscite delle edizioni più economiche attraverso il prestito bibliotecario.

Ma ecco che passando per il sito Web ufficiale dello scrittore, scopro che il seguito de "Il poeta" (in cui è data notizia della morte di McCaleb e con Harry Bosch che indaga) sarà pronto in italiano nel "lontano" settembre 2006!

La mia scarsissima dimestichezza con l’inglese (ricordo ancor oggi con timore e tremore la lettura di "Figli e amanti" – "Sons and Lovers" di D. Lawrence in quarta liceo, che - insieme all’indecente "balletto" da preparare in seconda – è uno dei più brutti momenti della mia vita da studente!) non mi ha frenato. Ho letto dodici romanzi di Connelly, conosco lo stile operativo di Bosch, ricordo la vicenda de "Il poeta": insomma non dovrebbe esistere un caso migliore su cui ricimentarsi con l’inglese.

Non dico di aver capito tutto, ma sono soddisfatto. In particolare mi ha colpito come Connelly faccia fare ai suoi personaggi dei commenti critici sul film di Eastwood. Solo sono costretto a fare una considerazione critica sul mio status di lettore: se in pratica mi sono goduto un romanzo in cui le minuziose descrizioni di ambienti, degli squarci di città, delle sfumature delle azioni e dei dialoghi, ect non posso averle apprezzate in pieno per la mancanza di padronanza con la lingua inglese, allora perché mi è piaciuto lo stesso? E quando leggo in italiano?

Poiché anche nel thriller ci sono pause descrittive (non ci possono essere solo una serie di eventi ed azioni...) e l’autore ha le proprie aspirazioni "poetiche", allora che esse siano lette in italiano (e perciò al 99% comprese) o in inglese (e perciò intuite al 33%) mi risulta indifferente? Due ipotesi. O queste particolari pagine io le leggo superficialmente, sia in italiano sia in inglese quindi, ed è come se fossero solo d’intralcio rispetto al puro intreccio. Oppure nella struttura narrativa queste pagine, rispetto allo zoccolo duro di ciò che succede, lasciano più libera l’immaginazione del lettore, tanto da poterle riempire di contenuti propri (Las Vegas like Bergamo, oh yeah ?!). Non so, ci dovrò riflettere meglio. È come se al cinema mi godessi un film allo stesso modo se ascoltassi il sonoro o meno (oppure, ribaltando l’esempio, se chiudessi gli occhi o meno). Ho come la sensazione che dovrei avere la sensazione di perdere qualcosa ...